Sempre più spesso delle aziende mandano in trasferta un proprio dipendente. Ancor spesso poi il lavoratore deve sostenere il viaggio non con un’auto concessa dal datore ma con la propria. A lui spettano dunque i rimborsi sia per i chilometri effettuati che per eventuali costi sostenuti per la vettura. Tutte queste spese verranno poi rimborsate dall’azienda, che si fa carico di tutti i costi legati al viaggio.
L’articolo 95 del Tuir (comma 3), descrive così il rimborso chilometrico che deve ricevere un dipendente:
“Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti (di collaborazione coordianata e continuativa) sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel.”
Esistono dunque dei limiti di deducibilità, i seguenti:
-se il dipendente utilizza una vettura di sua proprietà, il rimborso chilometrico è fiscalmente deducibile entro il limite delle auto di 17 cavalli fiscali oppure 20 cavali fiscali se a gasolio;
-se il dipendente prende a noleggio una vettura per la trasferta, il rimborso può avvenire nel limite delle tariffe di noleggio previste per le vetture di 17 cavalli fiscali oppure 20 cavali fiscali se a gasolio.
Il riferimento per il calcolo dei rimborsi chilometrici sono le tabelle ACI, rese note per quanto riguarda il 2018 e aggiornate due volte l’anno. Questo è un esempio di come viene calcolato l’indennizzo che spetta al lavoratore.
Si calcola su base annua:
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